IL MARCHIO: SE E QUANDO REGISTRARLO

Il marchio sta alla base di tutti i concetti legati al brand. Quando parliamo di brand reputation, brand identity, brand positioning, brand advertising, brand equity e così via, gravitiamo attorno al concetto del marchio.

Cos’è un marchio?

Semplificando, possiamo affermare che il marchio è l’insieme di percezioni e aspettative che un consumatore ha nei confronti di un determinato prodotto o servizio contrassegnato da tale marchio. Quali siano le aspettative e le percezioni dei consumatori (oltre all’evidente percezione dell’indicazione di origine commerciale del prodotto), sta al responsabile marketing capirlo, coglierle e farle evolvere nel rapporto tra il consumatore e il brand. Il marchio, quindi, non solo è parte delle campagne pubblicitarie e delle varie attività dell’impresa, ma insieme ad altri elementi sta alla base dell’attività imprenditoriale.

  • incrementa la percezione del valore aggiunto del prodotto o del servizio e, quindi, permette di ottenere un guadagno maggiore;
  • differenzia l’attività commerciale da altre attività che operano nello stesso settore economico o in settori affini;
  • può diventare una fonte autonoma di guadagno: può essere offerto in licenza, franchising, ceduto separatamente dall’azienda o dal ramo d‘azienda o insieme a essi;
  • può essere sfruttato per vantaggi fiscali: può essere iscritto a bilancio come asset immateriale;
  • può servire da pegno e garanzie;
  • è una fonte di costi che vanno pianificati (budget).
ottenere l’esclusiva sull’uso del marchio: con la registrazione si ottiene il diritto all’uso esclusivo del marchio in un determinato territorio (nazionale, come ad esempio il territorio italiano, o sovranazionale, come ad esempio il territorio dell’Unione Europea). Tale esclusiva non si ottiene senza registrazione, a meno di non arrivare a ottenere un certo livello di diffusione del marchio e/o la sua notorietà.
Approfondimento: Il marchio di fatto, ovvero il marchio non registrato, ma utilizzato nel commercio per contraddistinguere i prodotti e/o i servizi non garantisce diritti di esclusiva sull’uso del marchio. È plausibile e capita spesso di trovarsi in una situazione in cui un terzo può registrare un marchio identico o simile per prodotti o servizi identici o affini, acquisendo diritti di esclusiva su tutto il territorio interessato dalla registrazione, nonostante  abbia avviato il commercio in un secondo momento rispetto a chi già utilizzava il marchio di fatto. In questo caso, il proprietario del marchio di fatto potrà continuare a usarlo, ma soltanto nei limiti del preuso. Il preuso è, quindi, limitato alla categoria di prodotti del preuso e al territorio in cui è avvenuto il preuso. Inoltre, l’interruzione dell’uso del marchio di fatto comporta la cessazione del diritto di preuso.
– ottenere la facoltà di impedire a terzi l’uso del marchio registrato senza l’autorizzazione del titolare del marchio. Attenzione, è possibile vietare l’uso del marchio registrato anche nel nome a dominio, nella denominazione o ragione sociale, nell’insegna o in qualsiasi altro segno distintivo dell’impresa. Questa facoltà è codificata dall’articolo 22 del Codice della Proprietà Industriale CPI e, purtroppo, spesso non è tenuta in considerazione dai commercialisti e dai notai che si trovano a dover costituire nuove società con segni distintivi interferenti o in conflitto con segni già registrati o usati da altri.
– evitare conflitti con i concorrenti: “Chi prima arriva, meglio alloggia” recita il famoso detto. Anche in questo caso, avere diritti certi risalenti a una data certa di registrazione permette di affrontare al meglio chi arriva dopo, e permette di fare valere i propri diritti in modo efficiente e a minor costo.
– assumere una posizione forte in caso di contenzioso: che sia per questioni di concorrenza sleale, per contraffazione o per altri motivi, avere una registrazione (fatta a regola d’arte) aiuta a difendere i propri interessi.
prima di costituire una società: il nome di una società che interferisce con i diritti esclusivi altrui può far incorrere in maggiori costi fin dalla partenza: oltre ai costi associati alla risposta alle lettere di diffida ricevute dai titolari dei diritti anteriori, l’eventuale variazione del nome della società imposta dalle circostanze va effettuata attraverso un ulteriore atto notarile. È fondamentale verificare la disponibilità del nome scelto (anche se è un nome patronimico) nel settore economico d’interesse. Quindi, la prima cosa da fare ancora nella fase di naming è la ricerca di identità o di similarità dei nomi selezionati.
prima di preparare il lancio di un nuovo prodotto / servizio: il costo di una ricerca preventiva e di un relativo parere di un Consulente Marchi sarà certamente compensato dall’assenza di costi legati al ritiro dei prodotti dal mercato e al rebranding nel caso di interferenza con i diritti anteriori scoperta troppo tardi, successivamente all’immissione in commercio.
simultaneamente alla registrazione del nome a dominio: capita spesso che dopo la scelta del marchio e con l’avvio della procedura di registrazione ci si trovi vittime di cybersquatting (usurpazione del nome a dominio) oppure ci si imbatta in nomi a dominio confondibili e già registrati da altri per attività diverse da quelle rivendicate nella domanda di registrazione del marchio. Se nel primo caso è possibile tentare il recupero del nome a dominio registrato, per vie legali, nel secondo, non essendoci affinità né identità delle attività commerciali ed essendo la registrazione lecitamente già avvenuta, non rimane altro che scegliere un altro nome a dominio. Quindi, la regola d’oro è: individuato il marchio, ricevuto il parere positivo dal Consulente, registrare il nome a dominio e depositare la domanda di registrazione del marchio. Se si desidera controllare la disponibilità dei nomi a dominio durante la fase di naming, è fondamentale l’utilizzo dei servizi dei registrar ufficiali, senza ricorrere ai servizi di fonti incerte, in quanto proprio tali ricerche stanno alla base degli algoritmi dei bot di cybersquatting che registrano i nomi a dominio lo stesso giorno in cui è stata controllata la disponibilità di esso da parte di soggetti interessati.
tempistica: occorrono diversi mesi dal momento del deposito di una domanda di marchio per ottenere la registrazione, quindi, occorre depositare la domanda con largo anticipo rispetto ai tempi convenzionalmente stretti del mondo degli affari. La procedura di registrazione prevede una fase di opposizione (esercitabile da parte di terzi) di tre mesi e una fase di eventuale contraddittorio con gli Uffici brevetti per superare eventuali obiezioni sulla base dei requisiti assoluti richiesti per una valida registrazione.
Indubbiamente il miglior modo per tutelare il marchio è registrarlo, usarlo e, non meno importante, raccogliere prove del suo utilizzo nel tempo, le cosiddette prove d’uso, per poterle eventualmente utilizzarle per difendersi dai tentativi di cancellazione per decadenza e/o fornirle nelle procedure di opposizione alla registrazione di marchi identici o simili da parte di terzi.
  1. la registrazione garantisce il diritto di esclusiva (art. 15 del CPI – Codice della Proprietà Industriale D.L.vo 10 febbraio 2005, n.30)
  2. per mantenere in vita tale diritto, il marchio DEVE essere utilizzato effettivamente per i prodotti e/o i servizi rivendicati al momento del deposito della domanda di registrazione (art. 24 CPI)
Approfondimento: “uso effettivo” codificato dall’art. 24 CPI significa l’uso non sporadico, ma continuativo, esteso e massiccio del marchio. Quindi, non sarà valido l’uso del marchio al solo scopo di evitare la decadenza dei diritti. Esempio per un marchio registrato in classe 18 (es. borsette) e in classe 25 (abbigliamento): se vendo le borsette, ma non commercializzo né produco abbigliamento, non salverà dalla decadenza parziale del marchio per la classe 25 una campagna promozionale una tantum, in cui in abbinamento alla vendita delle borsette viene offerta una T-shirt contrassegnata dal marchio.
  1. periodo di grazia: entro cinque anni dalla registrazione del marchio, esso deve essere effettivamente utilizzato per i prodotti e servizi rivendicati (art. 24 CPI)
Approfondimento: 5 anni dalla registrazione del marchio è il periodo di grazia per il quale il titolare del marchio non deve dimostrare di aver utilizzato effettivamente il marchio. In tale modo il legislatore prevede una sorta di periodo di “avviamento” all’utilizzo del marchio. L’obbligo dell’uso effettivo scatta quindi dal giorno successivo alla scadenza del periodo quinquennale.
  1. raccolta delle prove d’uso: nell’organizzazione aziendale è sempre buona prassi incaricare una persona di raccogliere le prove d’uso su base annuale. Tali prove d‘uso del marchio dovranno essere riconducibili alla relativa cronologia di utilizzo, agli oggetti che sono stati contrassegnati o alle attività (se si tratta di servizi) e al territorio in cui il marchio è stato utilizzato. Ad esempio, NON può costituire una valida prova l’uso del marchio all’interno dell’azienda. Le fatture verso i clienti devono essere sufficientemente dettagliate e riportare i marchi degli oggetti venduti o dei servizi offerti, con le relative descrizioni, per poter costituire delle valide prove di uso. I canali social (Instagram, Facebook, YouTube, ecc.) possono essere utilizzati per raccogliere le prove d‘uso.

GLI ERRORI PIU’ FREQUENTI

RITENERE CHE LA REGISTRAZIONE O LA BREVETTAZIONE SIANO PROCEDURE PURAMENTE AMMINISTRATIVE

La registrazione e la brevettazione sono regolati dal diritto industriale a livello nazionale e da una serie di altri atti normativi a livello nazionale ed europeo. Il diritto industriale non è di immediata e facile comprensione; spesso alle questioni relative alla proprietà industriale si affiancano anche norme di diritto commerciale, del diritto penale, del diritto civile, del diritto d’autore, dei regolamenti sui nomi a dominio, dei regolamenti sulle indicazioni geografiche e delle altre materie giuridiche.
Registrazione o brevettazione NON sono mere procedure amministrative, tali procedure danno luogo a diritti titolati secondo il Codice della Proprietà Industriale. La “qualità” e la “forza” di tali diritti, oltre alle caratteristiche dell’oggetto della registrazione o della brevettazione, dipendono dall’esperienza del Consulente.
Andresti in Tribunale a difenderti senza avvocato? Perché, quindi, scegliere di “difendersi” senza un Consulente altamente specializzato o senza un avvocato specializzato nel campo della proprietà industriale?

RITIENI POSSIBILE OTTENERE UN TITOLO FORTE CON IL FAI-DA-TE O ATTRAVERSO AGENZIE DI FACILITAZIONE AMMINISTRATIVA DELLE PRATICHE?

Con il fai-da-te o rivolgendosi a figure non specializzate nel diritto industriale, spesso si ottiene un titolo di proprietà industriale nullo ab origine o facilmente annullabile in tribunale, o facilmente aggirabile dai concorrenti. Non è sufficiente arrivare ad ottenere l’attestato di registrazione: esso di per sé non dimostra l’ambito di tutela che è stato concesso. Capita spesso di aver investito del tempo e del denaro in un titolo che non ha valore perché si è scelto di risparmiare sulla preparazione del deposito. Ricordiamoci che l’ambito di tutela dato da un titolo di proprietà industriale è il risultato della bravura e dell’esperienza del Consulente.
Ad esempio, nei testi brevettuali scritti da non professionisti capita spesso di trovare rivendicazioni che non coprono l’invenzione, sono troppo limitate e, quindi, facilmente aggirabili, oppure possono essere troppo vaghe e generiche, rendendo difficile l’esame della domanda da parte dell’Ufficio brevetti.
Allo stesso modo, le domande di registrazione di marchio depositate da persone non del mestiere spesso soffrono di criticità non superabili, che possono determinare seri danni all’impresa anche a distanza di anni.

IGNORARE I REQUISITI, LA PRASSI E LE PROCEDURE PER OTTENERE IL MASSIMO DELLA TUTELA

Le carenze dell’oggetto di protezione in termini di requisiti necessari previsti per legge comporteranno obiezioni da parte dell’esaminatore e, facilmente, il rigetto della domanda di registrazione o di brevettazione. Ad esempio, la carenza di distintività di un segno può portare ad acquisire un marchio molto debole e, quindi, facilmente “aggirabile” o può comportare il rigetto della domanda.
Per tutti i depositi (domande di marchio, disegno o modello, brevetti) è fondamentale conoscere le relative normative e le procedure.
In particolare, le procedure spesso prevedono esami da parte degli uffici brevetti e marchi con eventuale contraddittorio con il richiedente (il suo rappresentante), un periodo di opposizione durante il quale terzi possono fare valere i loro diritti preesistenti.
E’ pure fondamentale conoscere le tempistiche stabilite dalle procedure e gli adempimenti amministrativi. Ignorare questi aspetti può portare alla perdita del diritto o al suo notevole ridimensionamento in termini di ambito di tutela. Ad esempio, nei disegni e modelli registrati, non essendo istituito un esame sostanziale da parte dell’ufficio italiano brevetti e marchi UIBM, né da parte dell’ufficio comunitario EUIPO, spesso i richiedenti procedono al deposito senza avvalersi di un consulente esperto: per questa ragione capita spesso di imbattersi in depositi deboli per via della scelta delle rappresentazioni dell’oggetto e delle carenze nelle descrizioni, aspetti questi che possono compromettere sia la tutela del titolo in caso di un contenzioso, sia la possibilità di ottenere corrispondenti diritti in altre giurisdizioni (estensioni).
Il Consulente valuta sempre con attenzione le esigenze del Cliente e procede con la scelta degli elementi più rappresentativi del disegno o del modello da registrare, senza limitare o compromettere la tutela, inserendo nella domanda troppi dettagli o troppo pochi.
Le prassi di ciascun ufficio brevetti (nazionale, europei, esteri) incidono sulla scelta della strategia di deposito già a livello nazionale o europeo, giurisdizioni dalle quali spesso si inizia il percorso di registrazione. L’ignoranza dei limiti temporali per fare valere i propri diritti all’estero spesso comporta la loro perdita irreparabile.

PENSARE DI OTTENERE IL MASSIMO DELLA PROTEZIONE UTILIZZANDO TERMINI STANDARD DELLA CLASSIFICAZIONE DI NIZZA

I depositi non professionali delle domande di registrazione dei marchi spesso si basano esclusivamente sui termini rientranti nella banca dati armonizzata dei prodotti e servizi. Trattandosi di termini standard, capita che i prodotti e i servizi realmente offerti dall’imprenditore non coincidono con quelli rivendicati nella domanda di registrazione depositata utilizzando i termini standard attinti proprio dalla banca dati.
I termini indicati nella Classificazione di Nizza sono quelli che non riceveranno “obiezioni” da parte dell’esaminatore dell’ufficio brevetti e marchi, ma sono anche paragonabili ai capi di abbigliamento mass-market, in contrapposizione ai capi di abbigliamento realizzati su misura.
La scelta delle diciture “più pertinenti” rispetto all’attività che si vuole svolgere è sempre la vincente, anche al costo di rischiare di ricevere qualche obiezione in più da parte degli esaminatori. Un Consulente esperto saprà affrontare anche le eventuali obiezioni, ottenendo il massimo della protezione possibile.
Cosa si rischia se si procede con la pura selezione dei termini dalla banca armonizzata? Si rischia di non proteggere l’attività d’impresa “a sufficienza” e al momento opportuno, scaduto il periodo di grazia di 5 anni dalla registrazione, non riuscire a fornire le prove d’uso per i prodotti e/o i servizi rivendicati con la registrazione. Pena – la decadenza del marchio, quindi, la perdita del diritto.

CREDERE CHE SIA SUFFICIENTE COPIARE QUEL CHE HANNO FATTO GLI ALTRI PRIMA

Dato che la Classificazione di Nizza viene continuamente aggiornata e le prassi degli uffici brevetti relativamente alla classificazione dei prodotti e dei servizi cambiano spesso nel corso degli anni, non è da considerare furbo o sicuro “copiare” l’elenco dei prodotti e/o dei servizi, come rivendicati nei marchi delle attività commerciali identiche o simili, dei concorrenti, pensando di ottenere il massimo della protezione.
Nei brevetti, ad esempio, la struttura tipica del testo brevettuale e le relative formule, sono da intendere come “contenitore” utile alla migliore rappresentazione dell’invenzione. L’ambito di tutela è, invece, riconducibile alla sostanza delle rivendicazioni e al contenuto della descrizione. Non è, quindi, sufficiente copiare “lo stile” di presentazione dei contenuti. La scelta di ogni riga è basata sulla giurisprudenza e su quanto dispone la normativa del settore.

NON VERIFICARE LA DISPONIBILITA’ DEI SEGNI

Evitare di svolgere ricerche d’anteriorità preventive porta facilmente a depositare domande di registrazione di marchio interferenti con diritti anteriori di terzi. Lo stesso accade in ambito brevettuale, dove di incorre in problemi sulla libertà d’attuazione. Il fatto che il nome cercato non si trovi in internet, non significa che non sia stato già registrato da altri. Il non trovarlo nella banca dati dei marchi italiani non significa che in Italia il nome sia registrabile. Esso può essere già stato registrato da terzi a livello europeo o con una registrazione internazionale, designante anche l’Italia. Il consulente saprà impostare le ricerche d‘anteriorità nel modo corretto e più efficiente.

PENSARE CHE L’ATTESTATO DI REGISTRAZIONE EQUIVALGA A UNA GARANZIA DI TUTELA DEI DIRITTI

Non sempre, superando il periodo di opposizione senza aver ricevuto alcuna opposizione di terzi, significa aver ottenuto un titolo forte e valido. Oltre alle azioni giudiziarie, anche con le azioni amministrative (presso l’UIBM, l’EUIPO e presso altri uffici brevetti) è possibile richiedere la cancellazione in qualsiasi fase dell’esistenza del titolo, anche dopo la sua concessione. Affidarsi ad un professionista significa ridurre la probabilità di contestazioni, in quanto saprà svolgere le ricerche sui diritti preesistenti e fornire consigli di strategia in merito al deposito del marchio, qualora rilevati “segni che possono suscitare preoccupazioni”.